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Nel suo ultimo libro, la giurista Aude Mirkovic, spiega perché può essere pericoloso sconnettere la filiazione dalla generazione. Intervista.

 

Di LAURENCE NEUER per LePoint.fr

Le richieste di adozione di bambini nati attraverso Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) praticate all’estero riempiono i tribunali, al punto che alcuni magistrati hanno sollecitato il parere della Corte di Cassazione. Perché si tratta qui di conciliare l’inconciliabile: da un lato, l’adozione “per tutti” permessa dalla legge del 17 marzo 2013; dall’altra, l’impossibilità per le coppie di donne di accedere alla PMA, riservata alle sole coppie eterosessuali che soffrano in particolare di un problema di infertilità. “Noi chiediamo l’apertura della PMA a tutte le donne. (…) Noi chiediamo l’uguaglianza tra coppie omosessuali ed eterosessuali per l’accertamento della filiazione dei loro bambini. Noi chiediamo che (…) cessino immediatamente le discriminazioni di cui sono vittime i bambini cresciuti nelle famiglie omoparentali”, rivendicano le “343 donne Fuorilegge” nel loro “manifesto”. Insomma, il percorso di guerra è cominciato.

Uguaglianza di diritti, non-discriminazione dei bambini nati in famiglie omoparentali, adozione per tutti: l’arma delle parole farà vincere la battaglia dei diritti? La giurista Aude Mirkovic, professoressa associata di diritto privato, autrice di “PMA, GPA, la controversia giuridica”, dimostra che dietro le buone intenzioni si profilano dei veri “drammi” umani. Le Point.fr l’ha intervistata.

Le Point.fr: Pensa che l’azione delle “343 Fuorilegge” contribuisca a far pressione sul legislatore e il giudice perché sia riconosciuto uno status a questi bambini nati per mezzo di PMA e GPA (Gestazione Per Altri/Utero in affitto/ndr) che cresceranno in Francia?

Aude Mirkovic: Ma questi bambini hanno già uno status! Hanno una madre, colei che li ha messi al mondo. Purtroppo per loro, non conoscono il padre, che è un donatore anonimo. Ciò non vuol dire che siano senza “status”. 343 Fuorilegge, corrispondono a 343 bambini privati del padre, non vedo la ragione per cui far pressione sul legislatore! 343 donne possono comunque vantarsi di essersi fatte inseminare in Belgio per avere un figlio senza padre, e io non vedo niente qui che favorisca l’interesse del bambino. Queste donne hanno certamente le migliori intenzioni, e l’amore che hanno verso i figli non viene messo in discussione. Ma se ci si mette dal lato del bambino, quest’amore è molto ambiguo: “Vogliamo amarti così tanto che cominciamo col privarti di tuo padre, per tenerti solo per noi stesse”. È ingiusto privare deliberatamente un figlio del padre. Lo si potrà successivamente ricoprire di coccole e regali, che tuttavia non potranno rimpiazzare il padre che non avrà mai.

Lei indica anche nel suo libro che il fatto di aprire la PMA alle coppie di donne condurrebbe inevitabilmente all’apertura ai pensionati, alle vedove…

A.M. Oggi, nel diritto francese, la PMA mira a rimediare ad una infertilità patologica: per avervi accesso, è necessario essere un uomo e una donna, vivi e in età procreativa, affetti da un’infertilità diagnosticata medicalmente. Ora, l’incapacità a procreare di persone troppo anziane o di coppie dello stesso sesso, non ha niente di patologico e non ha alcuna vocazione ad esser presa in carico dalla medicina. In particolare, una donna sposata con un’altra donna non è sterile. È la sua relazione omosessuale ad esserlo. Se si accetta che questa donna sia inseminata da un donatore, si abbandona il criterio terapeutico della PMA. E allora tutti coloro che lo desiderano dovranno avervi accesso: donne celibi, donne in menopausa, vedove, ivi comprese del resto le coppie uomo-donna fertili. La società deve quindi domandarsi fino a che punto vogliamo spingerci con la tecnica: compensare un’infertilità medica o passare alla PMA di convenienza?

Si invoca specialmente “l’interesse del bambino” per giustificare l’allineamento dei diritti di tutti i bambini, qualunque sia il modo di concepimento. Ora, secondo lei, è altrove che si colloca il vero “interesse del bambino”, precisamente nel fatto stesso della sua nascita: cancellando l’ascendenza biologica del bambino (attraverso una PMA o una GPA), andremmo contro il suo “interesse” a nascere?

A.M. Esattamente. La Convezione di New York sui Diritti del Fanciullo dice che il bambino ha il diritto, nella misura del possibile, di conoscere i suoi genitori e di essere cresciuto da questi ultimi. Concepire un bambino di un donatore anonimo cosicché non abbia un padre attenta a questo diritto elementare di ogni bambino. E le stesse persone che lo privano di un padre invocano poi il suo interesse per chiederne l’adozione. Ora, fabbricare un bambino già in stato di adottabilità è una grave ingiustizia. E’ un grave attentato al diritto del bambino, che i giudici non saprebbero garantire pronunciando l’adozione richiesta. L’adozione è un istituto che pone rimedio. Non priva il bambino di nulla, pone rimedio a ciò che il bambino ha perduto, vale a dire uno dei suoi genitori o entrambi, affidandolo a genitori adottivi. Al contrario, la PMA per le donne priva deliberatamente il bambino del padre.

Infine, come vede il futuro della famiglia e del diritto della filiazione?

A.M. La famiglia e il diritto della filiazione hanno bisogno di ritrovare il contatto con la realtà e, in questo caso, la realtà biologica. Si è voluto fare come se nulla fosse successo e come se la genitorialità dello stesso sesso non cambiasse nulla. Ma è falso. La filiazione indica a ciascuno da dove proviene. Rimanda alla generazione del bambino, più spesso biologica, ma anche simbolica: un certo bambino non proviene biologicamente dai suoi genitori legali, ma si pensa tale, si costruisce come tale. Le stesse persone che pretendono che la biologia non conti nulla, e che conti solo la volontà, l’intenzione di essere genitore, si aggrappano pure allo stesso tempo alla biologia: innanzitutto, quando due donne hanno fatto ricorso all’inseminazione con donatore, quella delle due che è stata inseminata e mette al mondo il bambino si considera veramente come ciò che è, la madre biologica, e per niente al mondo scambierebbe il suo bambino con un altro. Al contrario, per designare la sua compagna come seconda madre, le due donne vogliono credere stavolta che la biologia non conti affatto. Oppure delle coppie di donne cercano di fruire dei gameti dello stesso donatore per creare un legame biologico tra i loro due figli. O ancora una donna dà i propri ovociti alla sua compagna affinché il bambino sia il figlio genetico di una e portato in gestazione dall’altra.

Il risultato è che il bambino si trova al cuore di bricolages procreativi per volontà di adulti che hanno deciso tra di loro come spartirsi il bambino tra donatori, genitori biologici o genitori d’intenzione. La vita si incarica abbastanza spesso di privare i bambini di uno o di entrambi i genitori, non è compito della legge pianificare un tale dramma!

FONTE: http://www.lepoint.fr/chroniqueurs-du-point/laurence-neuer/filiation-vers-des-pma-de-convenance-21-06-2014-1838414_56.php

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